L’interpello sui nuovi investimenti, a partire dalle richieste presentate dal 1° gennaio 2019, cambierà. A prevederlo è la modifica introdotta al Senato nel Decreto fiscale, che ora è all’esame della Camera.
Cambiano le soglie di riferimento: all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, le parole: «di ammontare non inferiore a trenta milioni di euro» sono sostituite dalle seguenti: «di ammontare non inferiore a venti milioni di euro».
Questo strumento consente di interpellare preventivamente l’amministrazione finanziaria (oggi le istanze vanno indirizzate alla «Divisione contribuenti») per ricevere un parere in merito ai profili fiscali del piano di investimento che si intende porre in essere – pari almeno, dal 1° gennaio 2019, a 20 milioni di euro – e delle relative operazioni straordinarie connesse, come cessioni di aziende, conferimenti, fusioni e scissioni.
L’interpello sui nuovi investimenti (introdotto dall’articolo 2 del D. Lgs. n. 147/2015, c.d. “decreto internazionalizzazione”) è un’istanza che può essere rivolta all’Agenzia delle Entrate da parte degli investitori, italiani o stranieri, che intendono effettuare nel territorio dello Stato importanti investimenti, aventi un valore non inferiore a trenta milioni di euro, con rilevanti e durature ricadute occupazionali. Gli investitori interessati possono formulare, mediante presentazione di un’istanza unitaria, quesiti riconducibili ad una o più delle tipologie di interpello disciplinate dallo Statuto dei diritti del contribuente (interpretativo, qualificatorio, probatorio e anti-abuso), nonché presentare istanze dirette ad individuare con certezza il complessivo trattamento tributario applicabile al business plan descritto.
L’istanza d’interpello deve essere presentata alla Divisione Contribuenti, o, per i soggetti in regime di cooperative compliance, all’Ufficio Adempimento collaborativo – Settore Strategie per la Compliance e per l’attrazione degli investimenti – Direzione Centrale Grandi contribuenti della Divisione Contribuenti, e deve contenere la descrizione del business plan che può prevedere sia operazioni di asset deal e che di share deal.
L’istanza può essere presentata dalle imprese residenti e non residenti (con o senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato), nonché da soggetti che non siano qualificabili come imprese, in quest’ultimo caso a condizione che l’investimento si traduca nello svolgimento di un’attività commerciale o comporti operazioni aventi come target imprese.
La risposta deve essere fornita entro 120 giorni (prorogabili, se necessaria documentazione integrativa, di ulteriori 90 giorni) e vincola l’Agenzia delle Entrate, in relazione al piano di investimento descritto nell’istanza, nei confronti di tutti i soggetti coinvolti nell’investimento, senza possibilità di rettifica in autotutela, restando valida fino a che sono invariate le circostanze di fatto e di diritto sulla cui base è stata resa (o desunta in caso di silenzio-assenso).
Qualsiasi organo chiamato a esercitare attività di accertamento sugli investitori coinvolti è tenuto, prima di redigere atti di contestazione o altri atti a contenuto impositivo o sanzionatorio, a interpellare l’Ufficio che ha redatto la risposta, per verificare se l’accertamento in corso riguardi la stessa fattispecie già risolta in sede di interpello sui nuovi investimenti.
L’Agenzia non può formulare il proprio parere e deve dichiarare l’inammissibilità quando: